Il secreto o il talento, in ogni cosa consiste nel far bene con poco. Nell'arte del cuciniere si hanno da evitare due eccessi: le grandi cucine colle loro ricercatezze e prodigalità senza limiti non possono riguardare che case principesche e di gran signori; la colgare cucina, colle sue comuni ricette e la parca economia non conosce od adopera che spezierie le più comuni; essa non fa che impastare e manda cattivo sapore.
La cuciniera universale
Il secreto o il talento, in ogni cosa consiste nel far bene con poco. Nell'arte del cuciniere si hanno da evitare due eccessi: le grandi cucine colle
Scelta delle farine. In campagna, gli è quasi sempre necessario che il pane sia fatto in casa. Spesso pure la padrona di casa fa cuocere il pane già fatto colle farine del frumento raccolto sulla sua proprietà; allora ella conosce la qualità del grano, quella della farina, e quanto pane riesca da una data quantità di farina; può in conseguenza regolare le condizioni della confezionatura del pane. Non deve quindi mai far macinare una grande quantità di frumento in una volta, perchè, massime durante i forti calori della state, il grano si consuma sempre meglio della farina. Allorquando, per fare il pane in casa, si deve comperare la farina, bisogna sceglierla assai molle al tatto, lievemente tinta di un giallo chiaro, aderente al dito quando lo s'immerge, rimanendo come in pallottolina senza polverizzarsi immediatamente quando se ne comprime una data quantità nel palmo della mano. Questi sono i caratteri della bella farina di frumento di prima qualità. Quella di seconda è meno bianca, ed offre una tinta di giallo sporco, cadendo in polvere quando si comprime fra le dita. Nella farina di qualità affatto infima si distingue una certa quantità come di puntini grigi. La farina di segala, più ancora di quella di frumento, deve essere scelta quando è di recente macinata, il che si rileva dall'odore che le è proprio e che ricorda quello delle viole; se invecchia, quell'odore lo perde. Nei paesi dove il frumento non è ad un prezzo tanto elevato, si fa il pane per le famiglie colla farina di frumento senza miscuglio, ma il più sovente questo pane è fatto con miscuglio di farine di frumento e di segala; le proporzioni ordinarie variano da un quarto ad un terzo di farina di segala. Ben lungi del guastare il pane, una dose moderata di farina di segala ne migliora la qualità; lo fa meno bianco e di un sapore più gradevole, senza fargli perdere alcune delle sue proprietà nutritive. Soltanto non conviene, come ciò accade spesso, far macinare insieme il frumento colla segala; il pane di queste due farine lieva meglio ed è più buono allorquando, nell'impastarlo, vengono separatamente gramolate.
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fatto colle farine del frumento raccolto sulla sua proprietà; allora ella conosce la qualità del grano, quella della farina, e quanto pane riesca da
Impastatura. Il lievito, giunto al grado richiesto di fermentazione, viene deposto entro un foro aperto nella massa della farina che riempie la madia; s'incomincia collo stemperarlo con metà dell'acqua, avendo cura di non lasciarvi alcun granello, poi si aggiunge il rimanente dell'acqua e vi s'incorpora la totalità della farina. Allora, colle pugna chiuse si praticano fori nella pasta e si procede senza interruzione e con forza all'impastatura. La pasta è a varie riprese stesa su tutta la lunghezza del fondo della madia, battuta, compressa, ripiegata su sè medesima, distesa di nuovo, in maniera che tutte le parti sieno bene assimilate. Allora soltanto vi si aggiunge il sale entro una piccola quantità di acqua fredda che si serba a tale effetto. Più la pasta sarà manipolata, e più il pane sarà migliore e più bello; l'impastatura non deve essere nè lenta nè precipitata; deve eseguirsi il più regolarmente possibile, senza affrettare l'operazione, ma senza tregua.
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'incorpora la totalità della farina. Allora, colle pugna chiuse si praticano fori nella pasta e si procede senza interruzione e con forza all'impastatura
Liquefazione del grasso. Per liquefare il grasso, destinato nel verno ad essere la base del condimento di parecchie vivande, s'ha da usare ogni minuta cura onde assicurarsi della buona conservazione del medesimo. Non bisogna quindi, come si fa troppo spesso, mescolare la sugna dell'interno del corpo, che contiene il vero grasso, colle raschiature del lardo staccate dalli varî pezzi posti nel salatojo. La sola sugna, spoglia della reticella entro cui è avviluppala, è tagliata a piccoli pezzetti, e distemperata col bagno-maria. Questa operazione non rende necessario l'impiego di alcun apparecchio particolare.
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corpo, che contiene il vero grasso, colle raschiature del lardo staccate dalli varî pezzi posti nel salatojo. La sola sugna, spoglia della reticella entro
Si pone in una caldaja o marmitta piena d'acqua una marmitta più piccola, nella quale sta il grasso che devesi liquefare; alcuni pezzi di legna posti nel fondo del più grande dei recipienti impediscono che il fondo del più piccolo sia in contatto col fuoco: in tal modo il grasso non può mai venir riscaldato al di là del grado dell'acqua bollente. Quando la liquefazione è completa quanto può esserlo a quella temperatura, si passa il grasso attraverso un pannolino. La sugna o il grasso così ottenuto si versa entro vasi di terra, o mastelletti di legno bianco, oppure vesciche a tale scopo preparate. Quello che rimane nel pannolino può venir rimesso al fuoco colle raschiature del lardo, e sottoposto all'azione di un fuoco lento. Questo secondo grasso, che contiene una forte parte di lardo stemperato, si consuma pel primo, nè devesi mai mescolare il grasso liquefatto col bagno-maria.
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preparate. Quello che rimane nel pannolino può venir rimesso al fuoco colle raschiature del lardo, e sottoposto all'azione di un fuoco lento. Questo secondo
Metodo per la salatura del burro. Di tutte le maniere per salare il burro il migliore è quello che si adopera in Olanda, maniera che non è praticata e nemmeno conosciuta altrove. In Olanda non si fa montare il fior di latte per sbatterlo isolatamente e separarne il burro; si pone fa capaci zangole, che funzionano mediante una manovella il latte tal quale è munto; vi si aggiunge una dose di sale proporzionata al grado di salatura che deve ricevere il burro, e questo esce tutto salato dalla zangola. Si evita con ciò la necessità di far subire al burro lunghe manipolazioni per salarlo; soltanto esso è impastato, non colle mani, ma bensì con un mestolo di legno sopra un marmo lievemente inclinato, onde farne esattamente gocciare il siero di latte che potesse contenere; questa separazione così completa, per quanto è possibile, è la condizione essenziale della buona conservazione del burro, poichè anche il migliore, per poco che vi rimanga di latte sieroso, diventa rancido in poco tempo. Il burro salato si conserva in vasi di terra; val meglio per provvisioni considerevoli avere parecchi vasi di media capacità, anzichè uno o due di troppo grandi dimensioni. Verso la metà dell'autunno, quando le vacche trovano una buona erba alla pastura e possono inoltre avere nella stalla una buona razione di radici di foraggi, è l'epoca dell'anno la più favorevole per preparare l'approvvigionamento del burro salato.
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esso è impastato, non colle mani, ma bensì con un mestolo di legno sopra un marmo lievemente inclinato, onde farne esattamente gocciare il siero di
Pera secche e cotte nel forno. Per convertirle in pera essiccate nel forno, si scelgono di preferenza le specie di pera che sono le più zuccherine e meno acquose, però tutte le pera che abbiano una pasta consistente e dolce a sufficienza, possono del pari subire tale preparazione. Si mondano le pera lasciando ad esse il manico, e si schierano simmetricamente entro piatti, rivolti all'ingiù, in modo che formino come una piramide. Si cuoprono colle loro corteccie, e si pongono in forno, dopo che ne fu ritirato il pane. Quando il forno è affatto freddo, si ritirano le pera per comprimerle una ad una fra le dita, stiacciarle, e immergerle nel succo che trovasi in fondo del piatto. Quindi, le une strette alle altre si dispongono sopra graticci che si pongono di nuovo in forno, ma ad una temperatura meno elevata della prima volta. Questa operazione deve essere rinnovata fino a che le pera abbiano assorbito tutto il succo e assunto un bel colore bruno, e in pari tempo una bella consistenza. Si conservano entro scatole di legno bianco, o in corbelli di vimini foderati di carta.
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colle loro corteccie, e si pongono in forno, dopo che ne fu ritirato il pane. Quando il forno è affatto freddo, si ritirano le pera per comprimerle una ad
Zucchero acidulato per bevande. Il succo di certe frutta, come ribes, ciliegie, lamponi, aranci, limoni, misto con acqua e zucchero, porgono una bibita aggradevole e refrigerante. Bisogna supplirvi con zuccheri acidulati, che hanno il vantaggio di conservarsi per tutto l'anno, e di fornire in ogni stagione le bibite che non si ottengono coi succhi delle frutta se non al momento in cui sono in piena maturità. Ecco in qual modo si procede per preparare gli zuccheri acidulati. Il ribes, a mo' d'esempio, bisogna sgranarlo, stiacciarlo, e, dopo averne raccolto il succo, si passa e si mescola con quattro o cinque volte il suo peso di zucchero ridotto in polvere. Con tale miscuglio si forma una pasta granita che si fa poco a poco asciugare entro una stufa moderatamente riscaldata, e che in seguito si polverizza per conservarla entro fiasche di vetro bene tappate. Quando si vuol far uso di questo zucchero ben acidulato, se ne diluisce due cucchiai da caffè in un bicchiere d'acqua e si ottiene una bibita tanto gradevole come quella che si può ottenere dal succo di ribes fresco. Si segue presso a poco lo stesso processo col lampone, colle ciliegie, gli aranci e i limoni. Soltanto che alle ciliegie, prima di stiacciarle, bisogna levare i noccioli; si sofirega un pezzo di zucchero sull'esterna scorza degli aranci e dei cedri, e poi si pesta questo zucchero per aggiungerlo a quello polverizzato che fosse stato frammisto al succo degli aranci o dei cedri, e che si fosse, come già dicemmo, essiccato in una stufa.
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ottenere dal succo di ribes fresco. Si segue presso a poco lo stesso processo col lampone, colle ciliegie, gli aranci e i limoni. Soltanto che alle
L'uso dei tè neri è preferibile a quello dei verdi. La infusione dei primi è più leggiera, più delicata, e il profumo n'è più soave. Sono i tè neri quelli che generalmente si adoprano per le colazioni, e specialmente il tè Souchong, misto col tè Pecco, a punte bianche. Per ottenere un buon risultato nell'infusione dei tè occorrono certe condizioni. È importante dapprima non servirsi che di un vaso esclusivamente destinato a tale uopo, e quelli di metallo inglese sono preferibili a qualunque altro. Questo metallo, che congiunge alla solidità la lucidezza dell'argento, conserva più lungamente il calore dell'acqua al suo più alto grado. Quanto alla quantità di tè da infondere nel vaso, è generalmente di un cucchiajo da caffè per ogni tazza che si voglia apparecchiare. Prima di porre il tè nel vaso, bisogna aver cura di riscaldare questo con acqua bollente, che vi si lascia per pochi minuti: giova del pari fare altrettanto colle tazze, nelle quali dev'essere versata l'infusione. Dopo bene sgocciolato il vaso, vi si pone la quantità conveniente di tè, nella proporzione sopra indicata. Quando l'acqua è bollente, se ne versa una quantità media sul tè per facilitarne lo svolgimento della fogliuzza incartucciata: si lascia infondere per alcuni minuti, si aggiunge l'altra quantità d'acqua, sempre mantenuta in istato bollente, poi si versa l'infusione sullo zucchero nelle tazze, mescolandovi, se si vuole, per ogni tazza, alquanta crema fredda, ovvero un liquore spiritoso, come rhum, kirsch o acquavite.
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: giova del pari fare altrettanto colle tazze, nelle quali dev'essere versata l'infusione. Dopo bene sgocciolato il vaso, vi si pone la quantità
Per far cuocere il cioccolatte coll'acqua o col latte se ne rammollisce prima una tavoletta entro due o tre cucchiaî d'acqua, e si diluisce nella cocoma mediante un bastoncino o frullo, si aggiunge quindi gradatamente la quantità conveniente d'acqua e di latte ( una misura o tazza per ogni tavoletta di cioccolatte); si fa bollire agitandola assiduamente col frullo, che si rotola colle mani, e quando è bene spumante si mesce il cioccolatte in una tazza. Se si brama più denso, si può aggiungervi un cucchiajo da tavola di farina di riso, si agita allo stesso modo, lasciandolo bollire per alcuni minuti, e si ottiene in tale modo un preparato di sapore gradevole, che ha l'aspetto di fiore di latte lievemente sbattuto.
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tavoletta di cioccolatte); si fa bollire agitandola assiduamente col frullo, che si rotola colle mani, e quando è bene spumante si mesce il cioccolatte in una
Biscotti per famiglia. La composizione di questa sorte di pasticceria è cosa facilissima, ma esige grandi cure. Le proporzioni ordinarie sono, per un mezzo chilogramma di farina, 300 grammi di burro fresco e, secondo i gusti, dai 15 ai 25 grammi di sale. Assai spesso molti si limitano a mescolare e impastare fra bene e male tutti questi ingredienti; ma il burro non è bene sgocciolato e contiene ancora sostanza lattea; la pasta è male manipolata, e il biscotto riesce mediocre. Ecco in quale maniera convien procedere. Il burro deve essere steso sulla tavola dove s'impasta, in uno strato non troppo denso, poi leggermente strofinato fra due pannilini, perchè non vi rimanga particella alcuna di latte; quindi si mescola alla farina sale bianco in polvere finissima, e del tutto si forma una pasta abbastanza densa mescendovi acqua. Ciò fatto, si divide il burro in tre parti eguali, di cui ognuna si divide in tre piccoli pezzi. Sulla pasta, distesa in sottile strato mediante uno spianatojo a cilindro, si pongono ad eguali distanze i pezzi di burro, allora si ripiega la pasta in sè medesima a tre o quattro doppî, e a più riprese cilindrata con cura col mestolo che si spargerà di farina nonchè la tavola su cui si lavora. Dopo averla di nuovo distesa in sottile strato, si ripiegano i lati verso il centro e s'impasta di nuovo per distendere una terza volta la pasta. Poi si ripartisce la seconda por zione di burro in piccoli pezzetti operando come per la prima dose. Dopo un secondo lavoro, in tutto simile al primo, s'incorpora anche la terza porzione del burro, si forma la pasta in guisa di focaccia rotonda o in quadrati assai allungati, oppure in rotoli di un dito di spessore, che s'incrociano traversalmente, in guisa da disegnare un quadrilatero. Non rimane altro allora che porre il biscotto nel forno moderatamente caldo, e lasciarlo per un'ora circa. Per dargli poi un bel colore si abbia cura nel porlo in forno di spalmare egualmente la pasta colle barbe di una penna di tuorlo d'uovo freschissimo, sia solo, sia stemperato in alquanto latte raddolcito.
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egualmente la pasta colle barbe di una penna di tuorlo d'uovo freschissimo, sia solo, sia stemperato in alquanto latte raddolcito.
Paste per le torte di fratta. In 250 grammi di bella farina s'incorpora 200 grammi di burro freschissimo senz'aggiungervi acqua. Quando la mescolanza è perfetta mercè il lavoro dello spianatojo, procedendo dietro le indicazioni date pei biscotti ad uso di famiglia, vi si aggiungono dai 25 ai 30 grammi di zucchero in polvere e due o tre cucchiai d'acqua, che servono a far levare la pasta. Dopo averle data la conveniente forma, si guernisce la torta di frutta fresche; come pera, mele, albicocche, prugne, ciliegie, dopo averle fatte cuocere nello sciloppo, sia di confetture preparate colle stesse frutta.
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torta di frutta fresche; come pera, mele, albicocche, prugne, ciliegie, dopo averle fatte cuocere nello sciloppo, sia di confetture preparate colle
Maccheroni di mandorle. Si comincia col mondare una certa quantità di mandorle, per esempio, 500 grammi, immergendoli nell'acqua bollente per alcuni minuti, affinchè se ne possa levare facilmente la pellicola. Abitualmente si sostituiscono 25 grammi di mandarle dolci, con altrettante di amare, rimanendo eguale il peso totale, il che dà ai maccheroni un odore e sapore dei più squisiti. Importa però che le mandorle mondate sieno essiccate o all'aria aperta, o in un forno o stufa prima di porle in opera. Si pone allora la metà delle mandorle in un mortajo di marmo col quarto di un albume d'uovo e si pestano, aggiungendovi tratto tratto di esso albume a misura che si procede nella operazione. Quando sono perfettamente peste, si ritirano dal mortajo per porvi, l'altra metà, che si pesta allo stesso modo. Allora si raccoglie il tutto in un mortajo per amalgamarlo perfettamente con 300 grammi di zucchero in polvere, 4 o 5 albumi d'uovo in una spuma abbastanza densa, e, se si vuole, un po' di corteccia di limone grattugiata. Si mescola il miscuglio per qualche minuto, ed allorchè forma una pasta morbida e molle, si versa questa pasta sopra carta dividendola a pezzi della grossezza e forma di una noce; si bagna leggermente colle dita inumidite nell'acqua la superficie dei maccheroni, che tosto vengono posti in forno lasciandoli cuocere dai 25 ai 30 minuti, rimanendo il forno ermeticamente chiuso.
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di una noce; si bagna leggermente colle dita inumidite nell'acqua la superficie dei maccheroni, che tosto vengono posti in forno lasciandoli cuocere
Mandorle tostate. Per 500 grammi di belle mandorle bisogna impiegare 500 di zucchero bianco e un mezzo litro d'acqua. La metà dello zucchero è posta in disparte; l'altra metà è mescolata coll'acqua e colle mandorle in una casseruola posta sopra un fuoco ardente. Quando l'acqua si è evaporata mediante una prolungata bollitura lo zucchero tornato allo stato di greggio o non raffinato e colorato in rosso chiaro si attacca alle mandorle, si ritirano dal fuoco e si dispongono entro un vaglio di tela metallica, affinchè lo zucchero che non è aderente si stacchi e possa sgocciolare. Si ponga allora nella casseruola l'altra metà dello zucchero con quello che si è staccato dalle mandorle, e si riduce solo, colla cottura, allo stato di non raffinato, aggiungendovi quel tanto d'acqua che basti per renderlo liquido in sulle prime. Si ripongono quindi le mandorle tostate onde finiscano di cuoprirsi di quello zucchero. In quello stato esse non sono, come dicesi, che polverizzate, rimane allora di congelarle o petrificarle, non solo per dar loro un'apparenza e un sapore più gradevole, ma affinchè lo zucchero che le ravvolge non si stacchi tanto facilmente dalla mandorla. Per indurare e pietrificare le mandorle tostate, si pongano in una catinella munita di due manichi, e vi si versi sopra, fino a che sono ancor calde, alcuni cucchiaî d'acqua distillata di rose, agitando e facendo saltare in aria le mandorle, in modo che vengano ad inumidirsi equabilmente. Finalmente si ritirano dal fuoco e si depongono sopra uno staccio onde si asciughino all'aria aperta.
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in disparte; l'altra metà è mescolata coll'acqua e colle mandorle in una casseruola posta sopra un fuoco ardente. Quando l'acqua si è evaporata
Crostole. Prendete un quarto di libbra di vitello. Dopo averne estratti i nervi e la pelle, lo tagliate in pezzettini, prendete quindi mezza libbra di grasso di arnioni di bue spelacchiandolo e mondandolo bene colle dita onde levarne la pelle tigliosa, e taglierete anche questo assai fino. Aggiungete il grasso al vitello, e condite di pepe, di sale e di alquanta noce muschiata grattugiata. Continuate a tritare insieme il tutto aggiungendovi due uova, l'uno e l'altro ben mescolati; ponete questo apparecchio in un mortajo per condensarlo, poi, pestandolo, aggiungetevi una piccola quantità d'acqua stilla a stilla, presso a poco nella quantità di un cucchiajo da tavola. Bisogna che questa crostola sia posta e sollecitamente in un luogo fresco, onde non si guasti. Nella state è più difficile il farla riuscire in bene, essendo il grasso assai suscettibile di perdere la sua freschezza: in tal caso, invece d'acqua, vi si pone ghiaccio, e si adopera meno grasso.
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di grasso di arnioni di bue spelacchiandolo e mondandolo bene colle dita onde levarne la pelle tigliosa, e taglierete anche questo assai fino
Mescolanze alla francese. I piattellini noti sotto un tale nome, che i Francesi chiamano canapés, sono pezzi di mollica di pane tagliata a forma quadrilatera oppure a cuore, in modo che, riunendosi colle punte, empiono il fondo della conchiglia. Si fanno friggere, e poi con un coltello si rendono alquanto cavi empiendoli d'insalata d'acciughe bell'e condite. Nel disporre questa mollica di pane sul piatto se ne copre un pezzo con prezzemolo, un altro con tuorlo d'uovo, il terzo con fette di barbabietola, il quarto con albume d'uovo cotto o sbattuto, il tutto ben finamente tritato, componendo in tal modo un apparecchio che riesce gradito insieme e alla vista e al palato.
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quadrilatera oppure a cuore, in modo che, riunendosi colle punte, empiono il fondo della conchiglia. Si fanno friggere, e poi con un coltello si rendono
Guarniture di creste e arnioni di gallo. Le creste che si devono tagliare hanno ad essere novelle, di un colore rosa, doppie e con lunghe barbe. Dopo averle mondate e approntate con cura, s'immergono in un'acqua quasi bollente; poi le si ritirano, si sgocciolano soffregandole colle dita per liberarle dalla pelle che le ricopre. Mano mano si gettano nell'acqua fresca, e si lasciano colà guazzare per più ore. Quando sono divenute bianchissime, si stillano, e, per farle cuocere, si schierano in una casseruola con burro finissimo, succo di limone e un po' di sale, versandovi sopra alquanto brodo. Quanto agli arnioni del gallo, dopo averli lasciati in molle nell'acqua fredda, si uniscono alle creste in ebollizione e si ritirano quasi subito, poichè se si lasciassero bollire si scioglierebbero in pezzetti: talvolta si aggiunge agli arnioni di gallo delle animelle d'agnello che vengono ammannite al modo stesso.
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averle mondate e approntate con cura, s'immergono in un'acqua quasi bollente; poi le si ritirano, si sgocciolano soffregandole colle dita per
Zuppa di riso (alla francese). — Prendete un quarto di libbra di riso, e dopo averlo bene mondato lavatelo in più acque fredde, strofinandolo colle mani. Immergetelo nel brodo in modo che ve ne sia quanto basti per farlo cuocere a fuoco lento; guardatevi bene dal rimestarlo durante la cottura, poichè i grani devono restarsene interi. Una volta che il riso sia cotto, ponetelo in una zuppiera, aggiungendovi brodo e un po' di succo di carni bollente. Otterrete in tal modo una zuppa limpida e netta, mentre se ci versate assai brodo durante la cottura non avrete che una zuppa torbida e poco gradevole alla vista.
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Zuppa di riso (alla francese). — Prendete un quarto di libbra di riso, e dopo averlo bene mondato lavatelo in più acque fredde, strofinandolo colle
Si può anche immollare fette di pane sotto la zuppa e servire quindi da pasto il pesce, ed anche, per fare il brodo più succulento, si fa cuocere in antecedenza altri pesci minuti del cui brodo si usa invece che dell'acqua. Finalmente si può anche, invece di casseruola, servirsi di una gran pentola di terra sopra un fuoco ardentissimo che abbracci tutti i lati del recipiente e lo sorpassi in altezza colle fiamme. Questo, a nostro parere, è il miglior sistema, perchè la padella o pentola si presta meglio che non una casseruola di rame, e il fuoco di legna è preferibile a quello del carbone per bene acceso che sia: l'ebollizione è più rapida, la zuppa di pesci è più presto cotta e più perfettamente.
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di terra sopra un fuoco ardentissimo che abbracci tutti i lati del recipiente e lo sorpassi in altezza colle fiamme. Questo, a nostro parere, è il
Senza ripeterci inutilmente sul genere di salse, le quali a vero dire sono quelle che formano il vero nome o titolo delle vivande, diremo, che se volete ammannire sia un filetto, una costola, una lingua di bove, colla peverada, coi citriuoli, coi funghi, colle olive, col succo ristretto di carni, colla salsa tritata, coi pomidoro all'italiana (colla salsa dello stesso nome ), alla fiamminga, con guernizione di legumi, alla milanese con sotto maccheroni, alla bretone, con fagiuoli, con madera, ecc. ecc. non vi rimane altro che consultare ognuno di questi articoli speciali, e le carni, sempre trattate allo stesso modo e coi processi già una volta indicati, non variano più se non per la qualità della salsa o guarnimento che vi aggiungete.
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volete ammannire sia un filetto, una costola, una lingua di bove, colla peverada, coi citriuoli, coi funghi, colle olive, col succo ristretto di carni
Lingue di castrato. Le lingue di castrato si apparecchiano come quelle di bove, di cui già parlammo. Dopo averle passate in acqua bollente con un po' di sale per levarne la pelle, le forate leggermente introducendovi lardelle di mezzana grandezza. Le fate cuocere sulle brage, le tagliate in due senza però dividerle, e le servite colle salse di navoni, di patate, di carote, alla giardiniera, cioè con uno strato sottoposto di acetosa, cicoria, spinacci, ovvero di cipollette e pomidoro. Allo stesso modo e colle medesime salse agirete col petto di castrato, salvochè lo farete semplicemente bollire nella pentola, e quando è cotto abbastanza perchè possiate levarvi gli ossi che aderiscono ai tenerumi, conditelo e ponetelo in casseruola o stiacciato fra due coperchi con un peso di tre o quattro libbre per di sopra. Quando sarà presso a poco freddato, tagliatelo in pezzi, cui darete la forma di croste di pane alla marinara. Allora sbattete un tuorlo d'uovo sur un tondo con alquanto burro liquefatto; prendete un pennello, immollatelo in quel denso liquido, e spalmatene ognuno dei pezzi tagliati dal castrato; ravvoltolateli quindi nella mollica di pane, in modo che ne siano tutti coperti; poneteli sulla graticola onde prendano un bel colore, oppure friggeteli nel burro semplice, e acquisterà meglio il colore e sarà più regolare e la vivanda più saporita.
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senza però dividerle, e le servite colle salse di navoni, di patate, di carote, alla giardiniera, cioè con uno strato sottoposto di acetosa, cicoria
Il majale per riuscire buono non ha da essere nè troppo giovane nè troppo vecchio. Generalmente si preferisca quello che ha l'età dai sette agli otto mesi. La carne ne dev'essere salda e rossastra; e bisogna diffidare di quelle carni che sono seminate di ghiande bianche o rosse, perchè quello è un indizio che il majale è lebbroso e la carne ne è malefica. In fatto, delle carni che si servono in tavola queste non sono in generale che la testa, il prosciutto, la lombata e la schiena arrosto. I salami, le salsiccie e il lardo salato o affumicato si adoperano per guarnimenti delle altre vivande. Il lardo ed il grasso o sugna sono di prima necessità nei lavori di cucina. La sugna mista al grasso degli arnioni di bove compone un ingrediente da friggere ch'è ottimo. Tutte le parti del majale sono utilizzate nella cucina; col suo sangue si fanno sanguinacci; cogli interiori salsicciotti e mortadelle, col fegato pasticci; colle orecchie infarciti o fritture, colle zampe apparecchiate in vari modi, si ammanniscono antipasti saporitissimi.
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mortadelle, col fegato pasticci; colle orecchie infarciti o fritture, colle zampe apparecchiate in vari modi, si ammanniscono antipasti saporitissimi.
Cucite la testa con spago, e lasciatela così per quattro o cinque giorni, affinchè le carni s'impregnino di quel condimento. Ravvolgetela quindi in un pannolino che legherete per li due capi, e la fate cuocere in braciajuola a fuoco lento per otto o dieci ore. Lasciatela nel suo recipiente sino a che sia tiepida, quindi ritiratela, premetela leggermente colle mani per fare uscire il liquido che vi fosse rimasto, e ponetela sur un tondo con sopra un coperchio di casseruola e un peso di sette in otto libbre sopra il coperchio. Quando è fredda, levatene il pannolino che la cingeva, decoratela, fingendone gli occhi con due pezzi di carota, e servitela sopra una salvietta attorniata di una gelatina oppure di foglie di alloro.
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che sia tiepida, quindi ritiratela, premetela leggermente colle mani per fare uscire il liquido che vi fosse rimasto, e ponetela sur un tondo con sopra
come fa sopra detto. Aggiungevi mollica di pane bollita nel latte, e le carni di un pollo arrosto, ovvero, per procedere con maggiore economia, colle carni del pollame che vengono dai rilievi della tavola. Le tritate e le pestate con mollica di pane ponendo altrettante mollica di pane che pollame e sugna, poi aggiungete sale, spezie, sei tuorli d'uovo crudi e un buon bicchiere di crema. Mescolate insieme ogni cosa nella casseruola, ove avete prima deposte le cipolle; versate questo miscuglio, o meglio, introducetelo nel budello senza troppo empirlo; legatelo bensì con solidità e fate cuocere entro latte senza però lasciarlo bollire. Levate dal fuoco quando sono cotti e lasciate si freddino. Collocate questi sanguinacci sopra un foglio di carta impregnata d'olio o di burro; punzecchiateli alquanto e fateli arrostire sopra un fuoco lento. Li servirete come piattini da belluria. Procedendo in tal modo potete comporre ogni sorta di sanguinacci, di vitello, di pernici, fagiani, lepre, leprotti ecc. ecc.
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come fa sopra detto. Aggiungevi mollica di pane bollita nel latte, e le carni di un pollo arrosto, ovvero, per procedere con maggiore economia, colle
Pollastro arrosto. Dopo avere sventrato, legato, e passato sulla fiamma il pollastro, cuopritelo di buone lardelle, che assicurerete perchè non isfuggano, infilzatelo allo spiedo e cingete colle zampe lo spiedo stesso. Tre quarti d'ora bastano per cuocerlo. Quando lo servite guarnitelo di crescione, che prima condirete con alquanto sale ed aceto.
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isfuggano, infilzatelo allo spiedo e cingete colle zampe lo spiedo stesso. Tre quarti d'ora bastano per cuocerlo. Quando lo servite guarnitelo di crescione
In ogni modo, fate del resto i vostri apparecchi coi polli d'India così come coi polli ordinarî, intorno a cui potete consultare i varî articoli; quanto a quelli che sono vecchî agite come colle galline o coi capponi. Degli avanzi del gallinaccio femmina arrosta o cotta in altro modo, potete tirare lo stesso partito e appronterete le medesime vivande da noi indicate parlando dei polli.
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; quanto a quelli che sono vecchî agite come colle galline o coi capponi. Degli avanzi del gallinaccio femmina arrosta o cotta in altro modo, potete tirare
La carne del fagiano non è veramente apprezzata dagli amatori che quando è stagionata; allora essa carne si profuma dell'aroma desiderato; ma bisogna bene scegliere il momento; bene spesso un giorno di più diventa un giorno di troppo, e allora le emanazioni non sono più così gradite all'odorato come al palato. Ecco quello che ne dice un competentissimo giudice, Brillat Savarin: “Il fagiano, quando è mangiato tre giorni dopo la sua morte non ha nulla che lo renda pregiato: non è nè così delicato come le pollastre, nè così delizioso all'olfatto come la quaglia. Adoprato a tempo opportuno in vece, gli è di una carne tenerissima, squisita e di egregio sapore, perchè partecipa in pari modo del volatile e della selvaggina. Questo così desiderabile momento è quello in cui la carne del fagiano incomincia decomporsi; allora si sviluppa il suo aroma e si paragona ad un olio che, per esalarsi, avea duopo di alquanta fermentazione, come l'olio del caffè che ottiensi solo colla tostatura. Giunto a tale stadio il fagiano si spenna, ma non prima, e si lardella punzecchiandolo col lardatoio, scegliendo però il migliore ingrediente e che sia fresco e massiccio. Non è mica indifferente cosa lo spennare più presto il fagiano; poichè esperienze certe insegnarono che quelli fra i detti animali che si conservano colle penne sono più profumati di quelli che rimasero lungamente nudi. „
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spennare più presto il fagiano; poichè esperienze certe insegnarono che quelli fra i detti animali che si conservano colle penne sono più profumati di
Quanto ai cavoli, bisogna prima di tutto passarli in acqua bollente, poscia stillarli, asciugarli con una pezzuola, condirli di pepe e sale, riunirli e legarli assieme, quindi, così disposti, accompagnarli colle pernici. Finita la cottura, sciogliete il filo dei cavoli, coi quali formerete una specie di zoccolo nel fondo del piatto, e poneteci sopra le pernici; affettate la cervellata, la carne salata di porcelletto in grossi pezzetti quadrati, e guernitene il tondo. Fate ristringere la cottura dopo però averla digrassata, aggiungetevi una cucchiaiata di salsa spagnuola e aspergetene i cavoli e le pernici, poi servite. Se non avete salsa spagnuola, il sugo della vivanda essendo ben ristretto, vi si stempera entro alquanta fecola per dar consistenza alla salsa, che colorirete con alquanto succo di carni in conserva.
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e legarli assieme, quindi, così disposti, accompagnarli colle pernici. Finita la cottura, sciogliete il filo dei cavoli, coi quali formerete una
Pernici con cavoli. Dopo spennate, e sventrate le pernici, passate quattro piccole fette di lardo sullo stomaco di ciascuna di esse. Legatele al modo stesso indicato per gli altri volatili, vale a dire, colle zampe rientranti nel corpo; tagliate loro la testa. Ponete in una casseruola alquanto buon grasso o burro, e rimescolatevi per entro le pernici, perchè assumano un buon colore, con un pezzo di petto di lardo e due cipolle, una delle quali armata di due chiovi di garofano. Inaffiate ogni cosa con sugo ristretto o con brodo. Aggiungete una piccola cervellata che avrete alla mano ben lavata e lardellata, due carote e una foglia di alloro. Se le pernici sono vecchie, bisogna lasciarle cuocere due ore innanzi di porvi i cavoli; se sono giovani, porrete insieme pernici, petto di porcello salato di fresco, cervellata e cavoli.
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stesso indicato per gli altri volatili, vale a dire, colle zampe rientranti nel corpo; tagliate loro la testa. Ponete in una casseruola alquanto buon
Disposti in tal modo questi guarnimenti, legate assieme l'intingolo col sangue che avrete posto in riserva. Indi ammannitelo sur un tondo apposito in forma di piramide, incoronandolo colle cipollette inaffiate del succo suddetto. Passate la salsa dell'intingolo nella casseruola dove stavano le cipolle, onde assimilarsi al resto del succo che verserete poi sull'intingolo. Aggiungete i funghi, i fondi dei carciofi, i pezzetti di maiale, e guarnite il tutto colle croste di pane fritto. Servite caldo. Lo stesso processo seguirete nell'apprestare l'intingolo del capriuolo.
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forma di piramide, incoronandolo colle cipollette inaffiate del succo suddetto. Passate la salsa dell'intingolo nella casseruola dove stavano le
Levate una certa quantità di patate e ponetele entro una marmitta o caldaia; poneteci sopra, intere e senza affettarle, due dozzine di cipollette di media grandezza, e sopra queste collocate il merluzzo tagliato in grossi pezzi. Empite d'acqua la marmitta, in modo che tutto il contenuto ne sia ben coperto. Ponete sopra un fuoco che non sia però troppo ardente, in guisa che il merluzzo possa cuocersi senza bollire. Quando giudicate che sia in punto, ritiratelo dalla marmitta e deponetelo sopra un tondo. Lasciate cuocere le cipolle facendole bollire, poscia ritiratele per collocarle sul tondo dove si trova già il merluzzo. Allo stesso modo vi comporterete anche colle patate che sono rimaste nella marmitta. Tagliate allora le cipolle e le patate nonchè il merluzzo in grossi pezzi, ritirando il meglio che sia possibile gli spini.
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dove si trova già il merluzzo. Allo stesso modo vi comporterete anche colle patate che sono rimaste nella marmitta. Tagliate allora le cipolle e le
Razza al burro. Dopo fatta la scelta di una razza, distinta per la sua qualità e bianchezza, separatene le due ali del corpo, dibarbatele colle forbici, e tagliate il corpo in più pezzi. Lavate allora il pesce in più acque, e ponetelo entro una casseruola o caldaia con acqua, sale, un bicchiere d'aceto e un buon pizzico di prezzemolo. Dopo che avrà bollito due o tre volte, ritiratelo dal fuoco, e lasciatelo così un quarto d'ora. Ritiratene in seguito tutti i pezzi, stillateli uno dopo l'altro onde poter levarne colla lama del coltello una pelle glutinosa che cuopre li due fianchi del pesce, e ammannitelo sur un tondo.
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Razza al burro. Dopo fatta la scelta di una razza, distinta per la sua qualità e bianchezza, separatene le due ali del corpo, dibarbatele colle
Sogliole all'inglese. Levate la pelle ad ogni lato della sogliola, incominciando dalla coda; fate da questa parte (cioè dalla coda) una incisione traversale larga abbastanza da poter levarne la pelle fra il pollice e l'indice; poscia tenendo il pesce per la coda tirate giù la pelle, la quale levasi agevolmente sino alla testa; tagliate questa, e levate colle forbici le pinne. Approntata così la sogliola, immergetela entro due tuorli d'uovo sbattuti e conditi di alquanto sale; ravvolgete il pesce entro mollica di pane grattugiato, e in tal modo friggetelo. Poscia servite con un mazzolino di prezzemolo fritto verso la parte della testa, e un limone alla coda.
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agevolmente sino alla testa; tagliate questa, e levate colle forbici le pinne. Approntata così la sogliola, immergetela entro due tuorli d'uovo
Sgombro alla casalinga o alla bretone. Aprite in due uno sgombro dal dosso senza però separarlo; e picchiate col coltello sulla spina per agevolarne la cottura. Asciugatelo, e aspergetelo di farina. Fate liquefare in una padella circa mezza libbra di burro fresco; allorquando sta per friggere, ponetevi entro gli sgombri dalla parte dove gli avete aperti; tosto che è cotto da quella parte, rivoltatelo accuratamente dall'altra. Aggiungete allora nella padella una manata di cipolle verdi tagliate nella lunghezza da cinque a sei centimetri, che si cuoceranno intanto che gli sgombri compiranno la loro cottura. Condite di pepe e sale, e ammanniteli insieme colle cipolle che devono essere ben cotte senza però che sieno bruciate. Aggiungete nella padella, intanto che sarà ancora calda, un cucchiaio da tavola di aceto, che verserete tosto sugli sgombri.
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loro cottura. Condite di pepe e sale, e ammanniteli insieme colle cipolle che devono essere ben cotte senza però che sieno bruciate. Aggiungete nella
Aringhe. Le aringhe fresche sono un ottimo pesce, di cui si farebbe assai maggior calcolo se non fosse così comune e più caro. Bisogna sceglierle da latte, salde al tatto, colle branchie sanguinolenti, la squamma argentata, l'occhio fuori del capo e il corpo più corto che lungo. Si distinguono le aringhe in fresche, in salate, e in salate e affumicate.
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latte, salde al tatto, colle branchie sanguinolenti, la squamma argentata, l'occhio fuori del capo e il corpo più corto che lungo. Si distinguono le
Modo di spellare l'anguilla. Infiggete l'anguilla ad una tavola per il capo; fate una lieve incisione attorno al collo per sollevarne alquanto la pelle, poi, presa in mano con un strofinaccio, tiratela giù fino alla coda. Sventrate allora l'anguilla per le branchie, e levatele le pinne colle forbici; tagliatene metà della testa e alquanta estremità della coda che le farete entrare nel corpo, formando come una specie di corona, tenendola così legata con alquanto spago, affinchè non isciolgasi durante la cottura.
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pelle, poi, presa in mano con un strofinaccio, tiratela giù fino alla coda. Sventrate allora l'anguilla per le branchie, e levatele le pinne colle
Persico all'olandese. Scegliete due di questi pesci di grandezza media: levate loro le branchie, e sventrateli, evitando però di ferirvi colle punte delle pinne, la cui ferita non è senza gravità. Poneteli in una casseruola con acqua, sale, un limone tagliato a fette, una cipolla affettata finamente, un poco di timo, del lauro e del prezzemolo in ciocche. Fate bollire sopra un fuoco bene ardente, e quindi lasciate che blandamente e a piccol fuoco si maturi fino a compiuta cottura. Stillate ben bene il pesce e ammannitelo sopra una salvietta stesa sur un tondo, con guarnimento di patate allesse. Servite in disparte un apposito vase di salsa al burro, cui aggiungerete alquanto sale, pepe, ed il succo di un limone.
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Persico all'olandese. Scegliete due di questi pesci di grandezza media: levate loro le branchie, e sventrateli, evitando però di ferirvi colle punte
Vivanda alla marinara. Prendete qualsiasi specie di pesce d'acqua dolce, come carpioni, anguille, barbî , tinche, luccî, ecc. ecc. Squaramate e sventrate, indi accuratamente lavate il detto pesce; tagliatelo in pezzi eguali e ponetelo in una casseruola con due cipolle tagliate a fette, un mazzolino di prezzemolo, due o tre foglie di lauro, del timo, una cipolla armata di due chiovi di garofano, quattro spicchi d'aglio stiacciati, sale e pepe; aspergete il tutto con due terzi di vino rosso ed un terzo di succo ristretto o di brodo, tanto che venga bagnato. Per quindici o venti minuti fatelo cuocere sopra un fuoco ardentissimo; poi passate il brodo per uno staccio di seta, e intanto che vi servirete di quel liquido per far la salsa, mantenete caldo il pesce nella casseruola dove fu cotto insieme agli aromi. Prendete un'altra casseruola, entro la quale porrete una mezza libbra di burro fresco; fatevi sfriggere una mezza dozzina di cipollette fino a che abbiano assunto un color d'oro; indi ritiratele, e allora, aggiungendo al burro due cucchiaî da tavola di farina, fatene un intriso rossiccio e versatelo sulla vivanda che avrete approntata. Aggiungetevi le cipollette e altrettanti funghi; finitene la completa cottura; consumate alquanto la salsa sopra un fuoco ardente, e digrassate. Servite il pesce in un tondo disponendolo a piramide, colle teste all'insù, e cuopritelo colla salsa. Guarnite questa pietanza con qualche gambero e croste di pane fritte e tagliate in sottilissime fette.
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piramide, colle teste all'insù, e cuopritelo colla salsa. Guarnite questa pietanza con qualche gambero e croste di pane fritte e tagliate in sottilissime
Piselli alla francese. Prendete due litri di minuti piselli e poneteli entro una casseruola con un quarto di libbra di burro e un po' d'acqua; impastateli colle mani, gettate via l'acqua, e aggiungete un mazzolino di prezzemolo, una cipolletta, un cuoricino di lattuga, un poco di sale e un cucchiaio da caffè di zucchero. Cuoprite la casseruola, e fate cuocere a fuoco lento per circa una mezz'ora. Una volta che sieno cotti, ritirate il mazzolino di prezzemolo e la cipolla, e deponete la lattuga sur un piatto. Incorporate ai piselli un buon pezzo di burro fino rimescolato con alquanta farina, agitateli sopra il fuoco sino a che questi ingredienti sieno bene assimilati, e versateli sopra la lattuga.
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; impastateli colle mani, gettate via l'acqua, e aggiungete un mazzolino di prezzemolo, una cipolletta, un cuoricino di lattuga, un poco di sale e un
Spinacci all'inglese. Mondate e lavate accuratamente gli spinacci, poi fateli cuocere in acqua bollente con un pizzico di sale. Quando sono teneri alla pressione del dito, stillateli, poneteli in acqua fresca; poi spremeteli colle mani onde levarne tutta l'acqua. Triturateli fini fini e poneteli in una casseruola con un pezzo di burro, del pepe, sale e un poco di noce muschiata in polvere. Quando hanno ben preso il burro, aggiungetevi un mezzo cucchiaio da tavola di farina per meglio assimilarli. Ripassateli di nuovo sul fuoco, indi disponeteli sur un tondo in forma piramidale, ponendo loro in mezzo un buon pezzo di burro ben fresco.
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alla pressione del dito, stillateli, poneteli in acqua fresca; poi spremeteli colle mani onde levarne tutta l'acqua. Triturateli fini fini e poneteli in
Tartufi sulla cenere. Quando i tartufi sono ben mondi, conditeli lievemente di pepe, sale e un pizzico di timo e lauro finamente triturati. Ravviluppateli in una fetta di lardo, poi fra quattro fogli di carta, che collocherete l'uno sopra l'altro ma in modo che l'uno sia all'opposto della congiunzione dell'altro, affinchè il tartufo conservi il suo condimento. Immergete lievemente ognuno di quegl'involucri nell'acqua fresca e poneteli poscia sotto le brace, come fareste colle patate o colle castagne; lasciateli cuocere un'ora. Levate i primi fogli di carta, e serviteli insieme coll'ultimo che deve essere mondo e non tocco dal fuoco nè dalla cenere.
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sotto le brace, come fareste colle patate o colle castagne; lasciateli cuocere un'ora. Levate i primi fogli di carta, e serviteli insieme coll'ultimo che
Modo di distendere e approntare la pasta. Ponete sopra una tavola da due libbre di farina; fatevi nel mezzo un cavo che in linguaggio culinario chiamasi fontana; entro a questo pongasi una libbra di burro, quattro uova intere, un poco di sale e un bicchiere d'acqua. Mescolate poco a poco la farina col burro e colle uova; poi raccogliete la pasta, e premetela col palmo delle mani, due volte se di estate, tre se nel verno, facendola a brani e poi rimpastandola di nuovo fino a che formi un tutto liscio e compatto. Se non è morbida a sufficienza, aggiungetevi un po' di liquido, sia d'acqua che di burro, in modo che la pasta sia ben legata sì ma molliccia. Nella state, s'ha da impastare con più lestezza, poichè il calore della stagione riscalda le mani siffattamente da guastare la pasta in guisa che non può più servire; essa non ha più legame di sorta, e si sminuzza frangendosi allorchè si vuole approntarne la pasticceria. Raccogliete la pasta in pallottole colla sinistra, intanto che colla destra impastate le altre porzioni, che quindi sovrapporrete le une alle altre a misura che sono in punto; e, allorchè tutte sono così unite, lasciate riposare la pasta per una o due ore, coprendola di un pannolino asperso di farina, onde impedire che si screpoli all'aria.
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col burro e colle uova; poi raccogliete la pasta, e premetela col palmo delle mani, due volte se di estate, tre se nel verno, facendola a brani e poi
Seguendo tali principî, si possono fare formaggi bavaresi con ogni qualità di essenze e di frutta, colla menta, col caffè, colle fragole, col ribes, l'ananas ecc. ecc. Bisogna osservare soltanto che, pei formaggi di frutta, s'incorpora in un bicchiere di fiore di latte 46 grammi di colla chiarificata, e che, essendo già inzuccherato lo sciroppo delle frutta, non si aggiunge più zucchero se non in quanto si trovi necessario. Questa preparazione si tiene in una catinella, e quando incomincia a rappigliarsi, vi si mescola la crema, sbattuta, si pone prontamente in istampo e si attornia di ghiaccio.
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Seguendo tali principî, si possono fare formaggi bavaresi con ogni qualità di essenze e di frutta, colla menta, col caffè, colle fragole, col ribes
Gelatina e confetture di ribes in grappoli. Prendete una certa quantità di ribes in grappoli, e su questa due terzi di ribes rosso ed uno di bianco. Sgranatela con una forchetta, prendendo i grappoli alla rovescia e facendo scorrere i grani entro apposita catinella. Ponete quindi al fuoco insieme ad un bicchiere d'acqua. Quando il frutto incomincia a scaldarsi e a screpolare, passatelo per uno staccio di crine spremendolo colle mani per farne passare tutto il succo, in modo che le polpe e gli acini rimangano asciutti nello staccio. Pesate questo succo e aggiungetevi altrettanto zucchero in pani ridotto a grossi pezzetti quanto è il peso del succo. Ponete tutto sul fuoco, e al primo bollire, essendo lo zucchero appena liquefatto, ritirate la confettura, schiumatela e versatela in appositi vasi. Procedendo in tal modo, conservate al frutto tutto il suo profumo, e avrete una confettura assai trasparente e di ottima qualità. Badate pertanto di non prolungarne la cottura al di là del tempo indicato, nè di fare una male intesa economia ponendo soltanto una mezza libbra o tre quarti di libbra di zucchero per ogni libbra di succo.
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ad un bicchiere d'acqua. Quando il frutto incomincia a scaldarsi e a screpolare, passatelo per uno staccio di crine spremendolo colle mani per farne
Stinchetti con arancio. Pigliate due aranci di Sicilia, grattugiatene la corteccia sopra 250 grammi di zucchero in pani d'un solo pezzo, e 185 grammi di mandorle rimonde, che pesterete con un po' d'albume d'uovo per evitare che tramandino olio; ciò fatto aggiungerete lo zucchero, che mescolerete ben bene colle mandorle; pesate poscia 500 grammi di farina sulla tavola, e ponetevi due cucchiaî di feccia di birra, sei tuorli d'uovo ed un pizzico di sale. Tutto ciò mescolato a modo, ponete lo zucchero e le mandorle sopra d'esse, e fate in modo che la pasta sia bene solida; collocandola, sia sopra il forno che presso la stufa, e lasciandola levare; ciò ottenuto, ripigliatela e rimescolate ancora di nuovo; tagliate
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ben bene colle mandorle; pesate poscia 500 grammi di farina sulla tavola, e ponetevi due cucchiaî di feccia di birra, sei tuorli d'uovo ed un pizzico di
Pastiglie di mandorle e farina, per croccanti e crostate. Queste differiscono dalle precedenti solo per l'aggiunta che farete della farina. Il modo di amalgamare questa colle mandorle, lo zucchero, il profumo stabilito, differisce d'ordinario a seconda della preparazione; diremo pertanto che, ad ogni modo, la pasta crostata deve preventivamente formare pezzi di 500 grammi, o di 250, secondo la quantità da prepararsi; che questi pezzi si debbano quindi distendere collo spianatojo o cilindro, di una lunghezza e larghezza tale, da porgere un numero giusto di croccanti senza alcun ritaglio. Per esserne ben certo, bisogna separare la pasta col dosso del coltello. Quindi si collocano sopra piastrelle bene unte, si intridono con uovo, si cucinano in forno ben caldo, quindi, freddati che sieno, vengono conservati al riparo dell'aria, in luogo bene asciutto.
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di amalgamare questa colle mandorle, lo zucchero, il profumo stabilito, differisce d'ordinario a seconda della preparazione; diremo pertanto che, ad
Marzapani ad uso d'Italia. Per formare delicati questi marzapani, prendete 500 grammi di mandorle e 500 di zucchero. Pestate le mandorle con albume d'uovo; formate una pasta assai consistente che potrete distendere col cilindro o spianatoio sopra una tavola di marmo dello spessore di due lame di coltello. Abbiate cura di aspergerli sempre con polvere di zucchero. Tagliate la pasta con uno stampo della grandezza di una moneta da due franchi o come un fiorino. Ponete tutti quei pezzi rotondi con piastre lievemente spalmate di cera vergine. Su quei pezzi porrete nocciuole pestate con vaniglia e un po' d'albume d'uovo, come se vorreste farne un pasticcetto con carne; abbiate pure in pronto pasta da spumiglie con 250 grammi di mandorle e 500 grammi di zucchero; arrotonderete colle mani questa carta in pezzi grossi abbastanza perchè cuoprano le nocciuole che sono sovrapposte ai pezzi rotondi di marzapane. Anche questo strato superiore dovrà alla sua volta essere coperto di zucchero in zollette. Cuocete in un forno che sia ben riscaldato, ma il cui calore abbia quindi subita una certa temperatura.
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grammi di zucchero; arrotonderete colle mani questa carta in pezzi grossi abbastanza perchè cuoprano le nocciuole che sono sovrapposte ai pezzi rotondi
I grissini si formano con una pasta consistente, di farina di avena, acqua distillata e alquanto sale; quando vi si aggiunge burro, essi sono più delicati, ma durano però meno. La pasta si fa con due lieviti onde riesca più sottile e poter facilmente tirarla. I fornaî di Torino hanno in proposito tale abilità, che tirano i grissini della lunghezza di 75 centimetri. Essi tagliano la pasta in piccoli pezzi, li pigliano colle dita d'ambe le mani e li allungano adattandoli alla palla del forno. Essi l'infornano, vale a dire, passano la pala coperta di grissini entro un forno ben caldo, li tengono d'occhio, e li ritirano tosto che abbiano raggiunto il conveniente grado di cottura.
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tale abilità, che tirano i grissini della lunghezza di 75 centimetri. Essi tagliano la pasta in piccoli pezzi, li pigliano colle dita d'ambe le mani e